Mieloma multiplo recidivante/refrattario: uno studio di fase 3

Un nuova combinazione di farmaci per prolungare la sopravvivenza dei pazienti con mieloma multiplo recidivante e refrattario.

Background

Negli ultimi 10 anni, gli esiti di sopravvivenza dei pazienti affetti da mieloma multiplo (MM) sono significativamente migliorati, grazie alla disponibilità di nuovi agenti terapeutici come i farmaci immunomodulatori (IMiD), gli inibitori del proteasoma (PI) e gli anticorpi monoclonali. In particolare, l’IMiD lenalidomide viene frequentemente utilizzato durante l’induzione di prima linea e la terapia di mantenimento. Tuttavia, i pazienti che sviluppano recidiva sono spesso refrattari a lenalidomide, poiché il farmaco viene solitamente somministrato fino alla progressione di malattia; da qui la necessità di individuare nuove opzioni terapeutiche per la malattia recidivante/refrattaria (r/r).

In questo scenario, carfilzomib, un PI di seconda generazione, è approvato e raccomandato da numerose linee guida internazionali come trattamento per pazienti con MM precedentemente trattato.

STUDIO CANDOR

Di recente, è stato presentato un aggiornamento dei risultati di CANDOR, uno studio randomizzato di fase 3 che ha confrontato carfilzomib, daratumumab e desametasone (indicato come KdD) rispetto a carfilzomib e desametasone (Kd) in pazienti adulti con MM r/r già sottoposti a 1-3 terapie. Nell’analisi primaria, pubblicata tre anni fa, gli autori dello studio avevano già dimostrato un prolungamento della sopravvivenza libera da progressione (PFS) con il regime sperimentale rispetto al trattamento di controllo. Ora sono disponibili i dati dell’analisi finale, inclusi i risultati di sopravvivenza globale (OS) e gli esiti in sottogruppi selezionati di pazienti.

Ricordiamo che lo studio ha randomizzato un totale di 466 pazienti di età pari almeno a 18 anni e in condizioni di salute buone/discrete a KdD (n = 312) o Kd (n = 154). I pazienti di entrambi i bracci sono stati seguiti in follow-up per una mediana di circa 50 mesi.

Lo studio ha innanzitutto confermato il beneficio in PFS associato al trattamento sperimentale (28,4 mesi rispetto ai 15,2 mesi dei pazienti di controllo). È stato inoltre osservato un prolungamento di oltre 7 mesi nell’OS; sebbene incoraggiante, questo beneficio non ha soddisfatto i criteri prestabiliti per la definizione di significatività statistica, tranne in alcuni specifici sottogruppi, in particolare pazienti con profilo citogenetico ad alto rischio e pazienti in stadio III al momento dello screening. È stato possibile dimostrare un trend di beneficio anche nel sottogruppo refrattario a lenalidomide o bortezomib. Il profilo di sicurezza di KdD è stato coerente con i dati precedentemente pubblicati. Sebbene più pazienti nel braccio KdD abbiano manifestato eventi avversi successivi al trattamento di grado ≥3 o fatali, una volta rivisti i dati in relazione all’esposizione al trattamento, i tassi di tossicità sono risultati simili tra i due bracci. Inoltre, la probabilità di interruzione di carfilzomib o daratumumab dovuta a eventi avversi è diminuita nel tempo, a indicare l’assenza di tossicità cumulative.

 

Conclusioni

I ricercatori concludono affermando che i dati presentati supportano ulteriormente KdD come standard di cura nel MM r/r, soprattutto in pazienti con citogenetica ad alto rischio o già esposti/refrattari a lenalidomide.

Referenze bibliografiche

Blood Adv 2023;7(14):3739-3748

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/37163358/