11 febbraio, Giornata Internazionale delle Donne e Ragazze nella Scienza: l’impegno di AIL
In occasione della Giornata Internazionale delle Donne e Ragazze nella Scienza, che si celebra ogni anno l'11 febbraio, abbiamo intervistato Martina Pitea, Data manager presso il Centro Trapianti di Midollo Osseo del GOM di Reggio Calabria, che AIL ha sostenuto nel suo percorso professionale assegnando una borsa di studio del valore di 25 mila euro. Il progetto premiato è uno studio osservazionale mirato a misurare il carico assistenziale percepito da coloro che assistono i pazienti sottoposti a terapia CAR-T.
Lo studio CAR-T-EGIVER
Nella maggior parte dei pazienti sottoposti a terapia con CAR-T la presenza di un Caregiver risulta un elemento obbligatorio e critico del processo terapico. Spesso, però, tutta l’attenzione del personale medico si focalizza sul paziente e sul percorso di cura, senza valutare l’impatto che la patologia ha su chi si prende cura del malato e le difficoltà, che quest’ultimo affronta, nel ritorno alla propria vita quotidiana. CAR-T-EGIVER parte da questa evidenza con l’obiettivo di indagare la qualità di vita del paziente e il carico assistenziale del Caregiver di pazienti sottoposti a terapia CAR-T, verificando una eventuale associazione con la sintomatologia del paziente, rilevata tramite l’utilizzo di alcune domande costruite ad hoc. Abbiamo Intervistato Martina Pitea, Data manager e vincitrice di una delle borse di studio che AIl ha erogato nel 2023, per scoprire di più sul valore di questa ricerca.
Come nasce questo protocollo e perché è importante?
Questo studio nasce perché, secondo le evidenze da noi raccolte, nel valutare l’impatto del percorso di cura sulla qualità di vita del paziente onco-ematologico, non si è data abbastanza importanza al ruolo del caregiver, ossia la persona che lo assiste costantemente in maniera non professionale, ad esempio un genitore, un figlio, un compagno, un amico.
Il protocollo prevede dunque la compilazione di questionari che vengono consegnati al caregiver e al paziente con l’obiettivo di mappare in maniera scientificamente congrua lo stato di benessere di entrambi, sia durante che dopo le terapie. Il rapporto tra il malato e chi lo assiste ogni giorno, infatti, è fondamentale per questo tipo di valutazione, poiché spesso il paziente comunica al familiare bisogni o disagi che non condivide con il medico o con il personale sanitario, magari perché si vergogna o perché il tempo di visita è limitato.
Dunque, andare ad intervistare il caregiver ci permette non solo di analizzare in che modo determinate patologie vanno ad impattare sulla quotidianità di chi assiste il malato, ma anche di andare ad intercettare nuovi bisogni del paziente al fine di costruire dei servizi di assistenza attorno alle sue necessità. Parliamo del sostegno psicologico, dell’assistenza domiciliare o delle case di accoglienza gratuita, attività che AIL già sostiene ma che possono essere ulteriormente migliorate.
Perché avete scelto di concentrare questa misurazione proprio sul paziente che si sottopone all’infusione di CAR-T e quali sono le tappe del progetto?
La terapia con CAR-T (Chimeric Antigen Receptor T-cell) rappresenta un'innovazione in ambito onco-ematologico. Finora si è molto parlato del meccanismo di funzionamento dei Linfociti T ingegnerizzati per combattere i tumori, ma ancora non si è misurato l’impatto di queste terapie sulla qualità di vita del paziente e non si conoscono le problematiche legate al rientro alla vita sociale, lavorativa e affettiva.
Una grande parte del progetto, finora, ha riguardato lo studio delle domande da inserire nel questionario per poter individuare correttamente le problematiche elencate. Quindi è stato essenziale analizzare quanto realizzato finora per altre patologie, come linfomi e mieloma, ad esempio, per adattarlo ai pazienti che si sottopongono a queste terapie innovative. Inoltre, abbiamo dovuto identificare i centri autorizzati all’infusione di CAR-T e che fossero adatti per la somministrazione dell’indagine al fine di individuare i soggetti da coinvolgere per effettuare con loro un colloquio di approfondimento. Ora la fase preliminare è conclusa e a breve passeremo alla raccolta dei dati.
Perché è importante sostenere borse di studio come quella che hai vinto grazie ad AIL?
Mi sono laureata in Biotecnologie Mediche a Roma e ho continuato, nella stessa città, il mio percorso svolgendo un dottorato di ricerca in Biochimica. Ma il mio desiderio più grande era tornare a svolgere il mio lavoro nella città dove sono nata, a Reggio Calabria, per poter migliorare in concreto il territorio cui sono legata. AIL mi ha dato la possibilità di farlo e grazie alla borsa di studio sono rimasta in Italia e sono potuta tornare nella mia città a fare quello amo. Sono contenta inoltre che le associazioni come AIL si impegnino per far in modo che sempre più donne e ragazze capaci e competenti trovino possibilità di crescita e sviluppo professionale nel nostro Paese, senza bisogno di dover per forza andare all'estero.
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