Borsa di Studio AIL – SIE: premiato Gabriele Casirati per un progetto sulla LMA
Nel corso dell’ultimo congresso della Società Italiana di Ematologia (SIE) è stata assegnata la borsa di studio finanziata da AIL per un valore di 30 mila euro in memoria del Prof. Lo Coco. Ad essere premiato è un giovane ricercatore Italiano, Gabriele Casirati, per uno studio che mira a contrastare la tossicità legata all’utilizzo delle CAR-T Cell nel trattamento della Leucemia Mieloide Acuta.
La ricerca scientifica deve continuare a crescere e AIL è in prima fila per dare nuove opportunità di crescita ai giovani impegnati in Italia e all’estero per trovare nuove strategie terapeutiche nella lotta ai tumori ematologici.
In occasione del congresso della Società Italiana di Ematologia, è stata assegnata una borsa in ricordo del Prof. Francesco Lo Coco, finanziata dall’Associazione e destinata ad un giovane ricercatore laureato in Medicina e Chirurgia, in Scienze Biologiche o in Biotecnologie, per un programma di ricerca nel campo delle malattie del sangue, da svolgere presso un Istituto in Italia o all’estero. Ad essere premiato è il Dottor Gabriele Casirati ricercatore preso l’Advanced Genetic Engineering Unit - Gene Therapy Program - Department of Hematology/Oncology del Boston Children's Hospital/Dana Farber Cancer Institute. Lo studio selezionato ha come obiettivo l’utilizzo delle CAR-T Cell nel trattamento leucemia mieloide acuta, una strategia terapeutica che ad oggi non è percorribile per le ragioni che vedremo.
Lo abbiamo intervistato per capire il valore e le future applicazioni di questa ricerca.
Dottor Casirati, quali sono gli obiettivi dello studio finanziato grazie allo Borsa di Studio?
La ricerca che è stata proposta e premiata con la borsa di studio AIL mira a rendere possibile l’utilizzo di un particolare tipo di immunoterapia, le CAR-T cells, per combattere la leucemia mieloide acuta. Oggi, grazie alla ricerca, possiamo ‘ingegnerizzare’ i linfociti T dei pazienti o dei donatori di modo che riconoscano un antigene presente sulle cellule tumorali, distruggendole in maniera selettiva. Queste sono le CAR-T Cells, una terapia già applicata con grande successo in diverse neoplasie ematologiche ma mai nella LMA. Perché?
Le CAR-T hanno un’efficacia ormai consolidata nel prendere a bersaglio l’antigene CD19, presente in determinate forme di leucemia o linfoma a cellule B. Nella leucemia mieloide acuta la questione si fa complessa, perché in questa patologia le cellule tumorali hanno spesso gli stessi antigeni di superficie - quindi la stessa “maschera” – delle cellule Sane. Di conseguenza l’utilizzo dell’immunoterapia non è ad oggi tollerabile per le persone affette da LMA, perché andrebbe a distruggere anche tutte le cellule sane del midollo osseo del paziente.
Questo è il problema di base che lo studio finanziato da AIL vorrebbe affrontare e la soluzione proposta è radicale: utilizzare l’epitope editing per modificare geneticamente le cellule sane facendo in modo di differenziarle da quelle malate e rendendole ‘invisibili’ all’immunoterapia. Dobbiamo considerare che nel trattamento della LMA si ricorre molto spesso al trapianto allogenico di midollo, in particolare per i pazienti a rischio medio/alto o che recidivano dopo la prima linea di terapia. Abbiamo quindi deciso di sfruttare questa base andando ad intervenire sulle cellule staminali sane del donatore prima dell’infusione modificandole geneticamente. Grazie ad un lungo lavoro che precede questo studio, siamo riusciti a ridurre al minimo la modifica del DNA andando ad agire su un singolo amminoacido, intervento sufficiente per arrivare alla differenziazione tra cellule leucemiche, bersaglio delle CAR-T, e non leucemiche.
A quali pazienti si può applicare e a che punto della sperimentazione siamo arrivato?
Questo tipo di trattamento, a tutti gli effetti una terapia genica, potrà essere applicato ai pazienti che hanno la prognosi peggiore, quindi con mutazioni ad alto rischio o che rispondono male alla chemio di induzione. Oggi possiamo monitorare molto bene l’esito di queste terapie anche a livello molecolare, quindi potrebbero essere eleggibili i soggetti che non rispondono a chemioterapia convenzionale, che recidivano precocemente o nei quali si continua ad osservare la presenza di una malattia minima residua. Il progetto finanziato da AIL mira in particolare a completare gli step che porteranno alla sperimentazione clinica e al coinvolgimento dei primi pazienti in uno studio clinico.
Perché a suo parere borse di studio come quella finanziata da AIL sono importanti per far crescere la ricerca?
La domanda è tutt’altro che banale. Ho lavorato sia in Italia che all’estero, a Boston, dove tanti miei colleghi tutt’ora sono italiani. Il problema ovunque è sempre lo stesso, la difficoltà nel trovare finanziamenti, o perché non ci sono fondi sufficienti o perché la competizione è altissima. Il contributo delle Associazioni come AIL diventa quindi fondamentale per colmare questo gap. Dobbiamo infatti ricordarci che la ricerca è un processo, una reazione a catena in cui i risultati e i progetti si legano gli uni con gli altri per arrivare a grandi risultati. Si pensi ad esempio proprio alle CAR-T: il loro utilizzo arriva dopo oltre 20 anni di studi e sperimentazioni grazie ai quali pazienti che prima non avevano prospettive oggi hanno ottime possibilità di guarigione. Una vera rivoluzione che senza il giusto sostegno non sarebbe mai arrivata.
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