20 anni di midollo

    1997.

    Ero un ragazzo di 22 anni come tanti: ero iscritto all'università, avevo la mia compagnia di amici con cui andare a bere una birra la sera.

    Insomma, vivevo la mia normalità.

    A giugno di quell'anno ho cominciato a sentirmi “diverso” rispetto al solito: più stanco, affaticato, facevo fatica a fare le scale di casa.

    Ero anche più pallido del solito, quasi cadaverico.

    Proprio per scoprirne i motivi, eccomi sottoposto ai primi esami del sangue.

    Il giorno dopo la risposta: presenza di blasti nel sangue periferico.

    A me ed alla mia famiglia è crollato il mondo addosso, ma non tanto da perdere la testa: ci siamo rivolti subito (anche grazie a mia sorella medico) al reparto di ematologia della mia città di residenza di allora, Parma.

    Sono stato ricoverato subito per accertamenti e la sentenza è arrivata puntuale: Leucemia Acuta, o, tecnicamente, AREB-T (anemia refrattaria con eccesso di blasti, in trasformazione)

    Significava una cosa sola: sbrigarsi per correre ai ripari.

    Nei successivi due mesi (luglio ed agosto) la camera sterile è diventata la mia casa, chemioterapia e farmaci il mio cibo.

    La remissione è andata a buon fine e mi ha consentito di spostarmi presso il centro di eccellenza per casi di trapianto di midollo osseo: il San Martino di Genova.

    Lì, l'equipe di ematologi mi ha nuovamente sottoposto a chemio e radioterapia e mi ha preparato per ricevere il midollo osseo di mia sorella, compatibile con me al 100%.

    Nel frattempo, l'AIL di Genova è sempre stata accanto a me ed alla mia famiglia, a cui ha trovato alloggio vicino all'ospedale, per poter essere logisticamente vicino a me.

    La preparazione e la fase post-trapianto sono state dure, ma grazie alla professionalità dei dottori, alla vicinanza di amici e familiari, ed al sostegno dei volontari AIL sono riuscito ad arrivare a potervelo raccontare oggi.

    La ricerca è tutto, la ricerca salva la vita.

    Stefano

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