Cara me, dopo il linfoma sei una persona nuova. Grazie alla ricerca

    Il 5 marzo 2024 mi trovo al Pronto Soccorso d’urgenza. Dopo la diagnosi "Linfoma Non Hodgkin al 4 ͦ stadio" ho avuto tanta paura e tutti i progetti distrutti in un secondo. Unica certezza: la famiglia e la voglia di vivere! La chemio ha funzionato e mi ha offerto un lieve sospiro di sollievo per ricadere, in pochi mesi, nello sconforto di una recidiva. Rimaneva un’unica alternativa, le CAR –T. Sono stati mesi duri ma ora, a otto mesi di remissione della malattia, devo trovare il coraggio di tornare a gioire di nuovo della vita. Vorrei che chiunque si fermi a leggere la mia storia sappia che è molto simile a tante altre ma dimostra che insieme può esistere e deve esistere un mondo senza tumori del sangue.

    La storia di Emanuela

    Mi chiamo Emanuela, ho 36 anni e sono una donna come tante, per questo vulnerabile agli ostacoli e alle sfide della vita. Il 5 marzo 2024 mi trovo al Pronto Soccorso d’urgenza: accertamenti, volti silenziosi e perplessi, pensavo fosse leucemia o tumore organo specifico, una sfida troppo grande e complessa per me, mi crolla il mondo e mi sento una goccia che si perde nel mare in tempesta.

    In 24h ho vissuto: drenaggio al polmone, drenaggio al cuore, chemio salva vita e poi la diagnosi "Linfoma Non Hodgkin al 4 ͦ stadio". Tanta paura e tutti i progetti distrutti in un secondo, tanto caos sulla professione, sul percorso dei pazienti, sulla ristrutturazione di casa, sulla possibilità di avere un figlio, sulla mia vita. Unica certezza la famiglia e la voglia di vivere!

    Sono stati mesi duri: ospedalizzazioni, cicli di chemio infiniti, possibilità di preservare la fertilità compromessa, pericarditi ricorrenti e dolorose. La chemio ha funzionato e mi ha offerto un lieve sospiro di sollievo per ricadere, in pochi mesi, nello sconforto di una recidiva. Rimaneva un’unica alternativa, le CAR –T. I medici ti definiscono un miracolo della medicina, i tuoi cari una guerriera ma tu pensi solo di essere una persona che nella sua fragilità ha avuto la fortuna di essere un successo della ricerca!

    Ogni passo del processo era uno step, un obiettivo, un pezzo di puzzle che pazientemente doveva trovare il suo giusto incastro. Un mese di ospedalizzazione in camera sterile, tanti effetti collaterali, non ero più me! Non mi riconoscevo se non nell’amore delle persone che ci sono sempre state (ho imparato che non è cosi scontato!) e nella tanta professionalità e infinita umanità del personale sanitario dell’Ospedale di Lecce e di Brindisi.

    Ora a otto mesi di remissione della malattia, cara me, devi trovare il coraggio di tornare a gioire di nuovo della vita, a convivere con il terrore che possa ripresentarsi e toglierti di nuovo tutto, devi ricostruirti e ricordarti di essere sempre infinitamente grata alla ricerca, al personale sanitario, ai volontari di AIL, alle persone care e soprattutto a te stessa per averci sempre creduto!

    Vorrei che chiunque si fermi a leggere la mia storia sappia che è molto simile a tante altre e come tante altre storie dimostra che insieme può esistere e deve esistere un mondo senza tumori. È una storia che vuole suscitare vicinanza, sostegno, empatia e speranza come quella che provavo io quando leggevo le storie di AIL: respiravo, asciugavo le lacrime, meditavo, leggevo, ascoltavo musica, organizzavo il futuro e tornavo a fare quello che c’era da fare. Un forte abbraccio a chi sta lottando e vede un tunnel nero, buon lavoro a chi ci permette di ritornare a vivere, di ritornare a sperare e riscoprire il proprio nuovo sé. Buona vita a noi!

    Emanuela

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