Dopo essersi asciugati le lacrime, bisogna ricominciare a lottare
Nella vita di ognuno di noi c’è sempre un prima e un dopo. Il mio spartiacque è il 2008. Quell’anno tutto sembra perfetto: supero un concorso nella Pubblica Amministrazione, divento avvocato dando compimento a una vita di studi, faccio la giornalista quasi a tempo pieno. Sono felicemente sposata da soli 4 anni, penso anche che sia arrivato il momento di allargare la famiglia. Ma nelle favole la strada per la felicità non è mai senza ostacoli.
Una pallina alla base del collo, una stanchezza che non passa mai, un medico che capisce e mi indirizza subito sulla strada giusta. Pochi giorni per la diagnosi: Linfoma. Due anni di terapie estenuanti prima di arrivare al trapianto allogenico, cinque recidive post trapianto e sette linee terapeutiche in sette anni. Nel mio vocabolario sono entrate parole come linfoma, chemioterapia, radioterapia, splenectomia, trapianti, anticorpi monoclonali. Tutte parole che credevo sarebbero toccate solo agli altri. E invece, spesso, gli “altri” siamo proprio noi.
Dopo sei anni di terapie non mi vengono date molte speranze. Cambio ospedale, ricomincio a lottare, stringo i denti per un altro anno. In pochi credevano ce la potessi fare. Ma oggi sono qui e giro la boa dei cinque anni di remissione, festeggio dieci anni dal trapianto e firmo un contratto a tempo indeterminato per un lavoro che mi rende felice. Dopo tanta sofferenza arriva quel momento perfetto, quello in cui ci si può fermare un attimo a riprendere fiato, in cui ci si volta a guardare indietro tutta la strada percorsa in salita, prima di volgere lo sguardo al futuro e alla strada che rimane ancora da percorrere.
E lo fai con il cuore più leggero, perché sai che un domani arriveranno altre salite, ma ora sei allenata per affrontarle. È come se fino ad ora avessi vissuto tante vite. E non ne rinnego nessuna, compresa quella in compagnia di una malattia come il cancro, che toglie tanto, ma sa anche arricchire, che ti permette di dare la giusta importanza a ogni cosa. Vi racconto la mia storia perché chi si trova oggi a combattere contro un linfoma o la leucemia non perda mai la speranza, nemmeno nei momenti peggiori.
Non è facile, lo so. Ci saranno momenti di sconforto, ci saranno attimi in cui si vorrebbe gettare la spugna. Ma dopo essersi asciugati le lacrime bisogna ricominciare a lottare. Lo dobbiamo a noi stessi, a chi ci sta accanto e alla felicità che ci meritiamo dopo aver affrontato e superato cose inimmaginabili. Ma vi racconto la mia storia anche per un altro motivo: dobbiamo sostenere la ricerca scientifica, senza la quale io mi sarei dovuta arrendere a un linfoma chemioresistente. A salvarmi è stato infatti un anticorpo monoclonale che nel 2008, al momento della mia diagnosi, nemmeno esisteva. Per questo io oggi sostengo la ricerca e sostengo l’AIL. Fatelo anche voi!
Daniela
Storie di combattenti